| A Capitalia lo scudetto dei crediti verso la Parmalatdi Marco Liguori Primo il gruppo Capitalia, secondo il Sanpaolo Imi, terza Intesa. Non 
        è l'ordine d'arrivo per un podio olimpico, né una classifica 
        per un rating dei migliori istituti di credito: è l'indebitamento 
        bancario delle società del gruppo Parmalat poste in amministrazione 
        straordinaria, secondo il «decreto Marzano» del 20 dicembre 
        2003 convertito in legge durante lo scorso febbraio. I dati, riportati 
        nel piano di ristrutturazione del commissario straordinario Enrico Bondi, 
        riguardano l'esposizione del gruppo di Collecchio verso il sistema creditizio 
        italiano: la cifra complessiva è pari a oltre un miliardo e 977 
        milioni di euro (per i nostalgici della vecchia lira, 3.830 miliardi). 
        Quella verso gli istituti esteri ammonta a poco più di 544 milioni 
        (1.054 miliardi di vecchie lire): il totale complessivo è di 2 
        miliardi 522 milioni (poco più di 4.884 miliardi di lire). Cifre 
        da capogiro, che si sono abbattute come una mannaia soprattutto sul nostro 
        universo creditizio, già provato in precedenza dal dissesto della 
        Cirio. La Parmalat spa, stando al piano Bondi, risulta essere la società 
        che presenta la massa debitoria più rilevante nei confronti dei 
        gruppi creditizi italiani e stranieri, pari a 2,12 miliardi. L'indebitamento 
        riguarda in particolare sette società che sono oggetto di concordato: 
        Parmalat Finanziaria, Parmalat spa, Eurolat, Lactis, Panna Elena, Centrale 
        del latte Centallo e Contal. Le banche coinvolte nel dissesto hanno visto 
        il congelamento di tutte le cifre dovute sino alla data di ammissione 
        alla procedura straordinaria di ciascuna società del gruppo alimentare: 
        la legge Marzano ha impedito loro per due anni il recupero delle somme. 
        Anche le banche dovranno dunque accettare il concambio proposto nel piano 
        di ristrutturazione: per ogni mille euro di credito riceveranno 73 azioni 
        della nuova Parmalat. Molti degli istituti hanno già annunciato 
        da tempo di voler prendere misure per limitare i danni: la ferita loro 
        inferta dal crac, come si evince dal piano Bondi, è comunque molto 
        profonda. Come ha specificato la Parmalat al manifesto, in forza della 
        legge istitutiva, i crediti delle banche sono stati considerati dal commissario 
        come «chirografari»: ossia secondari rispetto a tutti gli 
        altri, come quelli dovuti ai dipendenti oppure al fisco. Gli istituti 
        hanno potuto ammortizzare le somme ormai inesigibili tramite gli accantonamenti 
        al fondo rischi del bilancio oppure defiscalizzandole. Tali opportunità 
        non sono invece concesse dalla legge agli obbligazionisti e agli azionisti 
        coinvolti nel dissesto, che si limiteranno a partecipare alla procedura 
        concordataria. Il piano Bondi è stato sottoposto all'attenzione 
        del ministro delle Attività produttive Marzano, che dovrà 
        esprimere un giudizio entro il 21 luglio.
 Al primo posto della classifica c'è dunque Capitalia, con un'esposizione 
        pari a 367,5 milioni di euro. A questo proposito, bisogna ricordare la 
        circostanza che l'ex presidente Calisto Tanzi, indagato per le vicende 
        del crac Parmalat, è stato consigliere dell'istituto romano sino 
        al novembre del 2003. Seguono nella graduatoria il Sanpaolo Imi con 278 
        milioni, Banca Intesa con 271 milioni e Unicredit con 132 milioni. Ci 
        sono anche tre altre «big» del credito nostrano: Monte dei 
        Paschi (107,7 milioni), Bnl (180 milioni) e Antonveneta (31,4 milioni). 
        Ma nel dissesto di Parmalat è stato coinvolto anche il credito 
        cooperativo: Popolare di Lodi (142,1 milioni), Popolare Emilia (82 milioni), 
        Popolare di Bergamo (60 milioni), Popolare di Milano (27,8 milioni), Banco 
        Popolare Verona e Novara (29,5 milioni), Banca Popolare di Vicenza (23 
        milioni) e Credito Valtellinese (3,8 milioni). La Banca Del Monte di Parma, 
        il cui presidente Franco Gorrieri è stato arrestato nell'ambito 
        delle indagini delle Procure di Parma e Milano sul crac, presenta un'esposizione 
        di appena 13,6 milioni nei confronti della Parmalat spa.
 Tra le banche estere, al primo posto c'è la Citibank, con un credito 
        di 117,2 milioni verso la Geslat. Gli altri gruppi sono rimasti impelagati 
        con la Parmalat spa. In classifica segue la Bank of America con 63,4 milioni 
        di euro; al terzo posto c'è la Ing Bank con 52 milioni, al quarto 
      la Deutsche Bank con 37,6 milioni.
 (Fonti: 
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